mercoledì 22 novembre 2023

Madame de Staël

 “La contrada dell’universo dove i vulcani, la storia e la poesia hanno lasciato più tracce”. È così che la baronessa francese Madame de Staël descriveva i Campi Flegrei.

martedì 21 novembre 2023

Stupido che grida

 Il problema è che viviamo in un mondo in cui si ascolta più lo stupido che grida, dell’intelligente che tace. Dove la maleducazione è accettata e la gentilezza incompresa. Dove più sei stronzo più ottieni, dove le persone buone hanno più gastriti che riconoscimenti.

venerdì 15 settembre 2023

nuova regola di facebook

 Domani inizia la nuova regola Facebook/Meta e io dò il mio permesso alle Guardie Svizzere, al priorato di Sion, a Jeeg robot d'acciaio, agli abitanti della terra di mezzo, a quelli dell’isola che non c’è, ai Goonies, a Bianca e Bernie, al Bianconiglio, a Pippo, Pluto & Paperino, Cip & Ciop, Topolino e tutta la Walt Disney, a Walker Texas Rangers, ai Vendicatori, a The Matrix, agli Iilluminati e pure ai Crociati di fare quel che vogliono di tutte le stronzate che pubblico su Facebook.

E nella consapevolezza che la mia privacy è finita quando ho comprato il primo pc e nel ricordarvi che qualsiasi dichiarazione facciate non ha alcun valore legale, porgo un cordiale saluto a tutti gli agenti dei servizi segreti che ogni giorno leggono le mie mail, scansionano i miei computer, filtrano la mia connessione e correggono i miei compiti a casa.
Copia e incolla questo messaggio sul tuo diario o l’uomo nero verrà a prenderti stanotte.

mercoledì 10 maggio 2023

Non serve sapere tante cose ma conoscere i legami e le relazioni.

Edgar Morin, (pseudonimo di Edgar Nahoum  Parigi, 1921)
Filosofo e sociologo francese. E' una delle figure più prestigiose della cultura contemporanea.
Noto per l'approccio transdisciplinare, con il quale ha trattato un'ampia gamma di argomenti, afferma la necessità di una nuova conoscenza che superi la separazione dei saperi presente nella nostra epoca e che sia capace di educare gli educatori al pensiero della complessità.
Ritiene necessaria una riforma del pensiero che possa consentire di evitare il nozionismo e la separazione tra cultura umanistica e cultura scientifica. 
Osserva che bisogna saper collegare i saperi per dare loro un senso.
Non serve sapere tante cose ma conoscere i legami e le relazioni.

Latino

Ecco 20 parole Latine che usiamo abitualmente tutti i giorni:
1️⃣ Alter Ego
2️⃣ Bonus
3️⃣ Bis
4️⃣ Curriculum Vitae
5️⃣  Deficit
6️⃣ Et cetera
7️⃣  Ex Equo
8️⃣ Extra
9️⃣ Idem
🔟 Incipit
1️⃣1️⃣ In Extremis
1️⃣2️⃣ Factotum
1️⃣3️⃣ Lapsus
1️⃣4️⃣ Post Scriptum
1️⃣5️⃣ Referendum
1️⃣6️⃣ Super
1️⃣7️⃣ Una Tantum
1️⃣8️⃣ Tabula Rasa
1️⃣9️⃣ Vice Versa
2️⃣0️⃣ Virus
Ecco invece 7 parole che magari credevate fossero inglesi e invece sono latinissime:
1️⃣ Campus
2️⃣ Gratis
3️⃣ Junior
4️⃣ Monitor
5️⃣ Sponsor
6️⃣Tutor 
7️⃣ Video


martedì 9 maggio 2023

lunedì 20 febbraio 2023

Marco Pianigiani - Delfini - Norvegia - Castellamare

 "Sono in Norvegia, in fondo ad un fiordo del cazzo, privo di qualsiasi attrattiva naturalistica, se non fosse perché il termine villaggio è completamente diverso dalla nostra tradizione mediterranea e dalla nostra percezione semantica; un territorio di 1410 km quadrati con una popolazione di 1147 abitanti, come capirò in seguito, uguale ad altri mille, ovvero una impalpabile spolverata di case lontane una dalle altre. Nella lunga notte invernale queste case sono rintracciabili ai bordi dell’unica strada che circumnaviga il fiordo perché hanno delle abat-jour, delle luci, delle candele finte alle finestre prive di scuri e sempre accese notte e giorno. 

- Questa lontananza abitativa delle persone è rappresentativa della densità dei sudditi del regno, più grande dell’Italia, con soli cinque milioni di abitanti. La prima caratteristica di questo popolo che salta all’occhio dello straniero è la presunzione di superiorità evidente effetto della mancanza di abitudine alla convivenza che inevitabilmente porta al confronto con gli altri e ad una reale consapevolezza di sé come individui e come popolo. 
- I Norvegesi disprezzano gli Svedesi, figuriamoci gli Italiani. 
Come sono finito in questo posto? Lavoro in un grande gruppo cantieristico italiano e sono in una squadra che deve consegnare una nave rompighiaccio per ricerca oceanografica ad un armatore norvegese presso il cantiere che si trova in fondo a questo fiordo del cazzo. E questo posto improvvisamente si è trasformato in un laboratorio antropologico dove ho capito fino in fondo perché noi italiani siamo amati individualmente ma odiati come popolo.
Guardo gli operai norvegesi sono esteticamente impeccabili, tuta mai scolorita, scarponi, casco, occhiali protettivi, cuffie antirumore, ma tecnicamente incapaci per fare un lavoro banale; serve un quaderno di istruzioni.
 Poiché con gli operai norvegesi non riuscivo a completare gli ultimi lavori per la consegna della nave, ho dovuto richiamare la mia squadra italiana che è formata da un gruppo di napoletani; una mattina si sono presentati in cantiere in otto; chi già con addosso gli abiti da lavoro, chi con un sacchetto del Conad con dentro una tuta che ha visto mille lavaggi.
Il loro capetto si chiama Maurizio, come dice lui “coming from Torre Annunziata”. Lo guardo e gli chiedo: 
-“Dove sono i cassoni degli attrezzi e del materiale?”
-“Boss mi hai chiamato ieri l’altro sera, secondo te in 24 ore oltre a trovare un volo ed un albergo cosa posso fare di più?” 
-“Secondo te con che cazzo lo facciamo il lavoro?” 
-“Sono le 8 del mattino, in portineria mi hanno detto di andare tutti insieme al corso della sicurezza di questi mammalucchi e poi mi organizzo”.
Sto per inveire tutti suoi avi quando mi dice: 
-“Prima che tu cominci a gridare nel telefono aspetta mezzogiorno che ti do un ritorno”.
-“Se non mi arriva il ritorno sicuramente ti arriverà una flangia cieca DN300 in piena fronte”.
Arrivò mezzogiorno, e passò; mezzogiorno e mezzo, niente; all’una arriva Maurizio, prima che potessi offenderlo come sempre mi anticipò: 
-“Già che c’ero sono andato a mangiare, poi ho trovato il magazzino del materiale, ho visto che c’è quasi tutto quello che mi serve e mi sono messo d’accordo con Alf”.
-“E chi è Alf?” 
-“Il magazziniere, è nu bravo guaglione” 
- “Ma Alf parla inglese?”
- “No, ma quando mai! e poi io non parlo inglese”
- “Chissà che cazzo avrà capito!” 
- “Ho trovato anche il magazzino degli attrezzi, è a disposizione di tutti, inoltre i polacchi mi prestano il banco, la saldatrice, il cannello, la piegatubi, e la torcia per il TIG”
- “E le fasce di sollevamento?”
- “Sono d’accordo con il gruista dopo le tre si ferma e mi fa gli imbarchi; domani sera ti chiudo il primo impianto”.
Maurizio non è mai stato in questo cantiere, non è mai stato in Norvegia, ma è laureato in sopravvivenza alla facoltà di Castellammare di Stabia, guardo lui e guardo i suoi uomini guizzare come delfini intorno ai norvegesi che sembrano un branco di acciughe stordite.
Ecco perché questo popolo è odiato, perché è più intelligente.”

     Ing. Marco Pianigiani, ingegnere navale a La Spezia



giovedì 12 gennaio 2023

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martedì 10 gennaio 2023

L'uomo senza contenuti - R. Pecchioli

 Ormai inoltrati nel Terzo Millennio dell’era cristiana – l’ultimo, se prestiamo fede ai soli segni materiali – ci troviamo al cospetto dell’uomo senza contenuto, pronto ad essere trasceso, superato dall’inquietante figura del transumano, il cyberuomo ibridato, guidato dalla macchina, invaso dagli apparati artificiali. L’uomo senza contenuto è un saggio di filosofia dell’arte di Giorgio Agamben che esplora l’estetica moderna vista con il prisma dell’autoannientamento dell’arte.

Un autoannientamento esteso all’intera condizione dell’uomo d’Occidente: senza contenuto in quanto, diventato liquido, (la fortunata intuizione di Bauman) ha perso la capacità di restare autonomo, solido, dotato di identità. La natura dei liquidi è di evaporare se non vengono chiusi in un contenitore, del quale assumono provvisoriamente la forma. La cultura dominante d’occidente dapprima ha reso liquidi i suoi figli; quindi, la Pandora postmoderna ha aperto il vaso. Il liquido si è sparso: una parte, sottoposta al calore, è evaporata più in fretta o è passata allo stato gassoso. Fedele all’inversione contemporanea e al rifiuto della natura, l’uomo-gas svapora verso il basso senza accorgersi della decadenza, proclamata progresso, liberazione, risveglio (woke).

I più si sono trasformati negli uomini di paglia di Thomas S. Eliot. “Siamo gli uomini vuoti/siamo gli uomini impagliati/che appoggiano l’un l’altro/la testa piena di paglia”. E poi: “figura senza forma, ombra senza colore/ forza paralizzata, gesto privo di moto. (…) Gli occhi non sono qui. Qui non vi sono occhi /In questa valle di stelle morenti/ In questa valle vuota”. Ancora più gelido è il finale, con il verso ripetuto tre volte: “è questo il modo in cui finisce il mondo. Non già con uno schianto, ma con un lamento”. Si sbagliava: il nostro mondo non finisce con un lamento, ma con un applauso, tra una danza macabra sul Titanic e una incomprensibile ansia di auto dissoluzione.

Privi di contenuti, cancellati da una tenace opera di decostruzione, gli uomini d’occidente seduti sull’abisso ricordano un verso di Antonio Machado sulla decadenza della Castiglia, la regione che fece della Spagna un impero: Castilla miserable, un dia dominadora, envuelta en sus andrajos, desprecia cuanto ignora”. Castiglia miserabile, un tempo dominatrice, avvolta nei suoi stracci, disprezza quanto ignora. In entrambi i poeti, diversissimi per temi, indole e idee, c’è il presagio della cancellazione, dell’assenza di contenuto, tra uomini vuoti e un’ignoranza di sé esibita con stolido orgoglio. Senza contenuti che non siano paglia, artificio o autoflagellazione, abbiamo sacrificato tutto “a un’intelligenza operaia, fabbricatrice di un mondo, di una società, di un tipo artificiale di uomo” (Marcel De Corte).

La cultura della cancellazione irrompe facendo della dissoluzione un idolo positivo: non solo devono chiedere scusa i maschi bianchi eterosessuali, cioè normali- eredi privilegiati della storia- ma è l’intera presenza umana sulla terra a doversi ritrarre, sparire per lesa Gaia e lesi tabù gender e green. Un impulso autodistruttivo che non può più essere colto dai suoi portatori perché certi processi, una volta avviati, finiscono per camminare da sé, ossia- terribile paradosso- produrre morte spacciata per civiltà, liberazione finale, amore per l’”ambiente”, a cui è tributato un culto animistico.

In ambito anglosassone esistono movimenti d’opinione maschili che propugnano e praticano la vasectomia per non correre il rischio di “fare” figli, quest’orribile verbo meccanico applicato alla vita. Orrore di sé, smania di estinzione, cupio dissolvi.

Forse rivedremo suicidi di massa di “risvegliati” (provvisoriamente), convinti di salvare il mondo distruggendo se stessi, la razza e la specie cui appartengono, il sesso e la civiltà in cui sono nati. La storia è testimone dei suicidi di massa della setta di Jim Jones a Waco e dei seguaci di Charles Manson, l’assassino dell’attrice Sharon Tate.

Il suicidio è fortemente consigliato in area anglosassone e in alcuni paesi nordeuropei ad anziani, malati, depressi, ora anche ai poveri.

E’ la soluzione malthusiana proposta mezzo secolo fa dal Club di Roma di Aurelio Peccei, uomo di fiducia dei Rockefeller. Generazioni deboli, fragili, impaurite; mezzo secolo di indottrinamento e di distruzione delle identità- sino a quella più intima e personale- miscelata con una fiacchezza indotta, di carattere, volontà, capacità. Iniziarono negli anni Sessanta del secolo passato con le droghe di massa in nome del “trip” il viaggio che allontanava dalla realtà e intanto indeboliva il fisico uccidendo lo spirito, con la colonna sonora di musiche appropriate e un inno mondiale, Imagine di John Lennon, summa nichilista a uso delle masse giovanili. L’oppio somministrato ai popoli: neanche questa è una novità del potere anglosassone, che scatenò guerre per controllare il mercato delle droghe nel secolo XIX, destinate ai popoli d’Oriente per indebolirli e colonizzarli.

Il geniale trucco moderno fu sostituire la realtà con i desideri indotti in un mondo uniformato, dominato dall’ ideologia del medesimo. Opera l’alleanza di un ircocervo formato dal capitalismo globalista e dal progressismo ideologico. Gli uni la chiamano emancipazione, liberazione; gli altri- i danti causa- sviluppo, consumo, modernizzazione. Il terreno comune è lo sradicamento: libero è chi si disfa di legami e appartenenze, fluido nel mondo liquido, immerso nei desideri anziché ancorato e fedele alla natura. Lo spurio cittadino del mondo, uomo senza confini (anche sessuali), l’individuo emancipato e globale.

La straordinaria vittoria del liberal-capitalismo - diventato nichilismo liberal– è stata convincere generazioni ribelli a combattere Dio, patria e famiglia in funzione anticapitalista. Un errore fatale: quelli erano gli argini di cui esso – religione materiale del denaro e dell’assenza di limiti- voleva liberarsi per dispiegare tutta la sua potenza distruttiva. Il mondo marxista ha trascurato la lezione del Manifesto comunista, in cui il fondatore aveva identificato l’interesse capitalista a dissolvere “tutti i rapporti sociali stabili e fissi, con il loro seguito di concezioni e di idee tradizionali e venerabili”. Risultato: un’umanità dimidiata, fatta di consumatori compulsivi.

Lo capì un eretico di sinistra, Cristopher Lasch: “ci si libera dalla tradizione solo per piegarsi alla tirannia della moda”. Libertà ridotta al soddisfacimento di desideri continui, non importa se assurdi o bizzarri, scegliendo tra prodotti, marchi, opinioni preconfezionate, diffuse dagli influencer, adottate – qui sta il gioco di prestigio – convincendo generazioni intere di essere le protagoniste di quelle scelte. Come è stato possibile un tale esito dopo un bombardamento mediatico e culturale di oltre mezzo secolo centrato sulla dogmatica dell’uguaglianza e sul mito del progresso?

Su quest’ultimo, è insuperata l’analisi di Michel Onfray in Teoria della dittatura: “quello che a noi è presentato come un progresso è in realtà una marcia verso il nichilismo, un’avanzata verso il nulla, un movimento verso la distruzione. (…). Il culto che oggi tutte le persone che rivendicano a sé la qualifica di progressista votano al progresso per il semplice fatto di essere progresso sembra una genuflessione di fronte all’abisso (…) Il progresso è diventato un feticcio e il progressismo si è trasformato nella religione di un’epoca priva di esperienze del sacro, è diventato la speranza di questi tempi disperati, la credenza di una civiltà senza fede”.

Enorme è il ruolo dell’ideologia del medesimo, ossia la trasformazione dell’uguaglianza- un principio che esercita un potente fascino- in un concetto astratto di in-differenza e di equivalenza generalizzata. La conseguenza, rileva De Benoist, “è che se tutti gli uomini sono uguali, anche tutte le loro opinioni si equivalgono” Di qui il relativismo e l’imposizione della neutralità assiologica dello Stato, che diventa indifferenza morale e dominio delle idee dominanti- rese tali dalla potenza dell’apparato mediatico e culturale della società dello spettacolo, diretto, orientato, posseduto dall’oligarchia.

La scelta della neutralità, peraltro, è tutt’altro che neutra: vince chi può gridare più forte, il più potente in quanto più ricco. Inoltre, le società liberali sedicenti aperte, come teorizzò Karl Popper, “non ammettono che le teorie antiliberali possano avere lo stesso valore di quelle liberali. E l’opinione secondo cui tutte le opinioni sono uguali non impedisce di mobilitarsi contro talune di queste, a cominciare da quella secondo cui non tutte le opinioni si equivalgono”. (A. De Benoist)

E se lo sradicamento sradica tutto tranne il bisogno di radici, connaturato all’essere umano, anche l’idea di uguaglianza fa i conti con una doppia obiezione. Non regge alla prova dei fatti in quanto gli uomini sono manifestamente diversi e perché perfino nelle società programmaticamente egualitarie c’è sempre qualcuno più uguale degli altri – cioè privilegiato o in posizione superiore – come dimostrò George Orwell nella Fattoria degli animali, in cui, significativamente, il comando è conquistato dai maiali.

Allo stesso modo, l’uguaglianza si infrange nella “rivalità mimetica”, teorizzata da René Girard. “Il concetto di desiderio è totalmente diverso da quello di appetito: si vuole qualcosa perché la vuole anche l’altro, è il principio mimetico che muove l’individuo nella sua socialità. “L’ideologia del medesimo esaspera il desiderio di distinguersi con tanta più forza in quanto proibisce la distinzione. Gli uomini hanno paura dell’indifferenziazione, segno e prodotto della disintegrazione sociale. È l’uguaglianza, per quanto appaia un paradosso, a generare il reciproco timore in quanto nega per principio le differenze. Si ha più paura del Medesimo che dell’Altro.

 

Lo scambio presuppone l’Altro, altrimenti non si recita che uno stucchevole monologo. Il dialogo presuppone l’alterità. Vi è poi, nella cultura dominante, la tendenza a contrapporre la differenza, considerata bellicosa ed escludente, alla diversità. Quest’ultima non è la bandiera rissosa, agonistica, di minoranze l’una contro l’altra armate, ma la sintesi armonizzata delle differenze. Una società dove ognuno è “come tutti gli altri” è un deserto soffocante in cui ciascuno è fungibile, intercambiabile, privo di contenuto proprio: il sogno dei totalitarismi di ogni segno e colore.

Inconsapevolmente, anche l’homo aequalis contemporaneo, nonostante l’indottrinamento, trova comunque modi per distinguersi, per non essere, almeno in qualcosa, “come tutti gli altri”. La pubblicità – maestra di psicologia sociale – lo sa e agisce con sottigliezza su questo aspetto inestirpabile dell’animo umano. Nel tempo in cui è obbligatorio essere “inclusivi”, si moltiplicano i messaggi ad adottare abitudini e gusti “esclusivi”, ossia, individuali, meglio se orientati ai consumi vistosi. L’espressione fu coniata dal sociologo americano Thorsten Veblen per connotare stili di vita e comportamenti che privilegiano il possesso di prodotti e oggetti destinati ad ornarci, ma soprattutto a distinguerci.

I tatuaggi odierni ci sembrano rispondere alla medesima logica: sia pure per moda, si vuole rendere unici se stessi, fabbricare una distinzione, marcare una differenza personale. L’uguaglianza avvolge tutto (tranne il denaro) ma il suo opposto rientra dalla finestra. Del resto, la differenza è un fattore di resistenza, dunque di libertà. Più siamo uguali, più siamo malleabili, minacciati dalla propaganda, dal condizionamento, dal comportamento gregario, irriflessivo. Chi pensa ha un contenuto, è egli stesso un contenuto. Perciò ci vogliono vuoti, impagliati, prodotti di serie, condizionati sin dall’infanzia, deboli, fiacchi. L’uomo con un contenuto è un essere libero, autonomo, un potenziale nemico del potere perché amico di se stesso e cercatore di verità.

Ogni occhio umano guarda, vede e percepisce in maniera distinta da tutti gli altri: questa è la suprema bellezza della nostra condizione. Perciò ci vogliono senza contenuto e senza occhi per vedere. È l’intuizione lirica del poeta: uomini privati di contenuto, riempiti di paglia, svuotati di occhi per vedere e anima per sentire: passanti nella terra desolata.

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Federico_Capone

L'impegno patriottico e politico[modifica | modifica wikitesto]

Animato da vivo fervore politico sin da giovanissimo, entrò a far parte della Colonna Insurrezionale Irpina e con Giuseppe Garibaldi, poi suo amico, partecipò al raduno armato di Monterotondo ed alla spedizione per liberare Venezia combattendo anche a Mentana.

Intimo di molti patrioti campani (Matteo Renato ImbrianiCarlo PoerioFrancesco De Sanctis e Felice Cavallotti), nel 1881 rifiutò la candidatura a Deputato del Regno, ma nell'anno seguente accettò la proposta e venne eletto deputato della provincia di Avellino nell'ottobre del 1882 e poi nel maggio 1886 - appoggiato anche dal cugino giornalista Luigi Cassitto - col gruppo repubblicano garibaldino.

Distinguendosi sempre per valore morale, in occasione del terremoto di Casamicciola del 1883 accorse con i suoi operai per portare soccorso, mentre nel 1887 si prodigò in favore degli abitanti di Altavilla colpiti dal colera venendo egli stesso contagiato.

Con i proventi della sua azienda finanziò inoltre gli scavi archeologici di Pompei ed Ercolano, mentre nel 1871, su espressa richiesta dell'amico Garibaldi, gli inviò 10 sacchi di zolfo per il suo vigneto di Caprera.

Autore di opere politiche scrisse tra l'altro: Una bandiera (Avellino 1894),Ordinamento politico di uno Stato (Benevento 1894), Disegni di legge (Benevento 1894)

Pioniere dell'aviazione italiana[modifica | modifica wikitesto]

Recentemente riscoperto grazie ad alcuni studi e al saggio Storia del Viaggio e Turismo in Italia di Andrea Jelardi (Mursia, 2012), Federico Capone fu pioniere dell'aviazione scavalcando il primato di Enrico Forlanini che, com'è noto, nel 1878 riuscì a far volare per pochi istanti un prototipo di elicottero.

venerdì 6 gennaio 2023

Fedor Dostoevskij, I fratelli Karamazov.

Colui che mente, arriva al punto di non distinguere più nulla di vero né in se stesso né intorno a sé, e quindi finisce col non stimare né se stesso né gli altri. Non stimando nessuno, cessa d'amare, e per trovare, così privo d'amore, qualche cosa che lo interessi e lo distragga, s'abbandona alle passioni e ai grossolani piaceri, e scende nei suoi vizi addirittura al livello dei bruti: tutto questo per l'incessante mentire che fa al prossimo e a se stesso.