sabato 21 giugno 2014

venerdì 20 giugno 2014

Reprimere la tratta dei negri (1839)

Reprimere la tratta dei negri (1839)

Sapevate che Ferdinando II volle contrastare la "tratta de' negri", giudicandola un traffico abbominevole. Così, in effetti, fece nell'autunno del 1839, allorché promulgò la Legge per prevenire e reprimere i reati relativi al traffico conosciuto sotto il nome di Tratta de' negri. Composta di 15 articoli, la Legge prevedeva pene diverse a seconda che il bastimento utilizzato per la tratta fosse bloccato prima della partenza o preso dopo, in mare, senza aver però compiuto il traffico. Potevano beneficiare di sconti di pena sostanziale i membri dell'equipaggio che avvisavano per tempo la pubblica sicurezza, ma tali benefici non valevano mai per l'armatore, per il capitano, per gli ufficiali, per il proprietario, l'assicuratore e il prestatore di capitali. Incorreva nelle sanzioni anche chi fabbricava, vendeva o acquistava i ferri da utilizzarsi nella tratta. La pena era più grave, poi, se qualcuno dei negricompresi nel traffico fosse stato fatto oggetto di maltrattamenti o di omicidio. La Gran Corte criminale, cui era preposto il giudizio in merito, aveva anche il compito di provvedere alla liberazione degli schiavi di colore, ai quali era data, gratuitamente, copia legale della decisione di libertà. La legge prevedeva, infine, che i proventi della vendita dei bastimenti e dei beni confiscati servissero alla piena attuazione dei trattati stipulati con la Francia e con la Gran Bretagna proprio per arginare l'abominevole traffico.

lunedì 9 giugno 2014

pillola

"Se hai conosciuto la felicità non sarai mai crudele con nessuno, 
non puoi esserlo. "

Osho

mercoledì 4 giugno 2014

Pericle - Discorso agli Ateniesi, 461 a.C.


Pericle

Qui ad Atene noi facciamo così.

Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza.

Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.

Qui ad Atene noi facciamo così.

La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.

Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.

Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa.

E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benchè in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla.

Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia.

Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore.

Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versalità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.

Qui ad Atene noi facciamo così.


Pericle - Discorso agli Ateniesi, 461 a.C.